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La nostra storia

Antica Chiesa

A cura di Innocente Soligon

C'era una volta un bosco..... Sub Silva, toponimo antico

Subsilva

Toponimo nella paleografia “Santa Lucia” è nome recente. Il toponimo latino antico riferito a questa località nel Contado di San Salvatore è Sub Silva e nel 1474 S. Lucia de Foresto.

L’ultimo termine allude al territorio selvaggio che circondava il villaggio posto fuori del duecentesco (nella foto il nome "S. Lucia" nella glossa del manoscritto datato 8 novembre 1471 che cita - S. Lucia del Foresto) Castello di San Salvatore e dunque alla foresta, infestata da lupi, che si estendeva alla sinistra dell’impetuoso fiume Piave, causa di frequenti inondazioni.

Dal paese si scorge il castello di San Salvatore sui colli di Susegana che verdeggiano all’orizzonte. Sorto allo scopo di tenere sotto controllo i movimenti del Comune di Conegliano, sempre in lotta contro Treviso, fu trasformato in una splendida magione da Rambaldo VIII di Collalto, emulo del predecessore Ensedisio I dei Conti di Treviso ritenuto il fondatore, nel 1110, del primitivo castello fortificato sulle alture di Collalto, località da cui derivò poi il cognome alla nobile famiglia.

Rovinato pesantemente durante il Primo conflitto Mondiale, oggi il castello di San Salvatore ha ritrovato dignità e splendore ad opera del principe Manfredo discendente della dinastia dei Collalto, recentemente scomparso. 

Sub Silva nel contado di San Salvatore

Diploma Berengario

(Nella foto il Diploma di Re Berengario e del figlio Adalberto del 958-59 di investitura alla corte di Lovadina a Rambaldo VIII).

La storia civile di S. Lucia si documenta all’anno 1312, citata tra le Ville soggette alla giusrisdizione del Castello di S. Salvatore nel diploma di Enrico VII di Lussemburgo, re e imperatore dei romani, che costituisce i due castelli dei conti Collalto in “feudo oblato” con potere di mero et misto imperio, compresa la pena di morte.

Secondo alcuni studiosi però, il borgo di S. Lucia era già compreso tra le Ville del territorio soggetto alla “Corte di Lovadina” ancora prima degli anni 958-959 d.C., quando da Adalberto e Berengario, marchesi del Friuli (Forum Julii) e re d’Italia, fu donata con la gestione del guado (ravvisato nel prefisso del toponimo l-wad-ina) a Rambaldo I° dei Conti “di Treviso” in seguito – come si sà - cognominati “di Collalto” dal luogo del loro primo incastellamento sulle terre della Sinistra-Piave donate dal Governo del Comune di Treviso. 

La Via Hungarica raccordo con le strade romane

Tomba Romana

Tomba romana - secolo III-IV ca d.c. (nella foto). 

Da secoli il territorio era interessato dal crocevia Boccadistrada dove confluiva anche la tristemente famosa Via Hungarica (così citata in un codice del 1120) che portava alla Opitergium-Feltria-Tridentum (la “Oderzo-Feltre-Trento” del IV sec.) e al Guado sul Piave a Lovadina (principale raccordo tra Nord e Sud d’Italia attivo fino alla costruzione della settecentesca “Règia Strada Maestra d’Italia” attuale Statale Pontebbana), per collegarsi poi, al di là, con la direttrice imperiale romana Claudia Augusta1 che intersecava la consolare Postumia2. Testimonianze romane sono venute alla luce durante gli scavi del 1954-55 dopo l’osservazione di pezzi di cotto affioranti dal terreno ad ogni aratura dei campi Piai, situati dietro la chiesa e l’oratorio parrocchiale. Si tratta di una tomba in embrici, una moneta e resti di fondazioni del basso impero. I reperti, documentati fotograficamente, sono purtroppo andati perduti.

Transito medievali di monaci e pellegrini

Un documento del 1124 di Ruperto vescovo di Ceneda afferma che il servizio di barca del traghetto di Lovadina, gestito da monaci cistercensi, era gratis per tutti i pellegrini in cammino da e per i santuari cristiani dell’Europa medievale (Roma, S. Giacomo di Compostéla) e i luoghi santi di Gerusalemme (Sepolcro di Cristo Monte Tabor, Orto degli Ulivi…). Contiene inoltre l’attestazione esplicita che al guado arrivavano numerosi mercanti, con i loro carichi commerciali: ubi òmnes Hòmines eùntes et redeùntes de servitio Sancti Petri et Sancti Jacòbi et Sancti Sepulchri et aliòrum sanctòrum atque suòrum negotiòrum gens scilicet Hungàrica et Carinthiàna, Theutònica atque Longobàrda fere et òmnium Provinciàrum transitòria(m) nàvim hàbent gràtis... La gratuità del traghetto (che determinava un danno economico per i monaci gestori) è comprensibile per i pellegrini, ma non troverebbe spiegazione logica nel caso dei mercanti se non in vista di un evento particolare e importante quale poteva essere la secolare Fiera di S. Lucia. 

"Ungaresca", itinerario di predoni e mercanti

È certo che la Via Hungarica (presente in Sinistra Piave con varie diramazioni), rievoca eventi diversi e ben più antichi dei cruenti passaggi dall’888 e fino al 1412 dei barbari predoni magiàri (detti “Úngheri” o “Óngheri”), ai quali fa riferimento il nome.

L’itinerario, infatti sembra ricalcare tratti della paleoveneta “Pista del Sale” che permetteva ai mercanti della “piazza di mercato” Ob Terg (diventata Opitergium, poi “Oderzo”) gli scambi di commercio con il “gran mercato“ Terg Est (poi “Trieste”) e collegava entrambi con i traffici e i baratti attivi lungo le rive del Mar Baltico, per cui era nota anche come “Strada dell’Ambra”.

Attraverso questo itinerario sono passati per secoli e a più riprese i barbari seminando incendi, violenze, distruzione e morte ma, cessate le tremende invasioni, si è anche gradualmente estesa l'influenza veneziana in terraferma (come testimoniano i ”Leoni i San Marco» murati alle porte delle città dal 1337) e fino all'epoca in cui si attivò lo scambio di prodotti con Germania, Austria e Fiandra.

Giovanni Vulpani, notaio in Conegliano nel 1547, nel suo: Pacta mudae magnae mercationum terrae Coneglani, informa che “partivano da qui i panni lavorati grezzi, la frutta e il vino prelibato delle nostre colline” e specifica che tale commercio era tenuto dai numerosi mercanti tedeschi, i quali importavano ”lane di Fiandra e d'lnghilterra, ferro, carbone, piombo e pece. .”. Si tratta dell'interessante traffico commerciale regolato da diverse ducali del governo veneziano con normative precise in ordine al trasbordo delle mercanzie tedesche, dalle barche alle rive del Piave e da queste alle località di destinazione, oltre gli obblighi dei «carriotti» per gestire il carreggio o trasporto su percorsi obbligatori e senza danno per i banchi daziari predisposti lungo l'itinerario Boccadistrada-Serravalle-Cadore che conduceva negli Stati del Duca d'Austria. E durante le soste, nell'attesa delle favorevoli condizioni per traghettare l’esuberante Piave, spesso in esondazione, e raggiungere le altre sponde… i mercanti non stavano certo con le mani in mano. Sembra naturale che la Fiera di S. Lucia si inserisse in questo traffico di commercio con tutto il potenziale di stimolo e di facilitazione degli scambi, favoriti dal particolare assetto viario del punto strategico. 

Da mercato sacro a Lught a sagra di S. Lucia?

Paese e la Fiera potrebbero avere origini comuni. Secondo una delle tesi raccolte, sarebbero sorti sul luogo di un mercato paleoveneto pagano di cavalli, sacro a Lugh dio della luce, consolidato durante il dominio dei Franchi intorno al VI secolo, sostituito poi, come altrove, dal culto cristiano in onore di S. Lucia, probabilmente scelta tra le martiri dai monaci benedettini, che ne avviarono la devozione e costruirono il primo oratorio, per le note affinità emblematiche di ‘luce” derivanti dal nome.

La Comunità cristiana, la sagra e la Fiera di S. Lucia

Antica Fiera

Un primo riscontro storico sull’esistenza della comunità cristiana locale e quindi della chiesa dedicata alla santa vergine-martire Lucia si trova nella bolla di Papa Alessandro III dell’anno 1177. Naturalmente le origini della comunità e della chiesa precedono l’epoca del documento pontificio. La devozione a Santa Lucia, diffusasi dopo la sua morte intorno al 300 d. C., è di per sé stessa indice di antica costituzione non solo della comunità cristiana locale ma anche della festa religiosa popolare che in onore della Patrona si consumava da secoli ogni 13 dicembre e pure del movimento fieristico ben noto che si accompagnava alla “sagra” con il nome di “Fiere di S. Lucia”.

Antica Chiesa

E, nel periodo medievale, sarà proprio la concomitanza della festa religiosa con la fiera che attirerà a Sancta Lucia de Sub Silva devoti, pellegrini e mercanti. La prima aveva luogo sul sagrato: luogo sacro - e sede di cimitero fino al 1843, (disegno di G. Bisson e nella foto i reperti delle fondazioni dell'antica chiesa) perciò chiamata “Sagra”; la seconda si svolgeva in “Campagnàta”. Il termine dialettale indica con il dispregiativo un prato comunale incolto in località Portici (“Caserìne”), da sempre usato per la Fiera, situato proprio di fronte all’area oggi occupata dagli edifici della ex Filanda Ancillotto del 1800, dove si ergeva il “Palazzòn grando”, munito di “torreselle”, signorile sede del conte Vinciguerra quondam Giacomo di Collalto. L’imponente edificio a pianta quadrata, che figura nella mappa napoleonica (nella foto), andò distrutto da un misterioso incendio probabilmente durante gli ultimi sanguinosi scontri documentati nel 1809 tra austriaci e francesi col cannòn e con la spada entro la Villa di S. Lucia.

Le nostre tradizioni

Mappa Napoleonica

L’innata tradizione agricola, artigianale e imprenditoriale, elevata a livelli di moderna competitività grazie alle dotazioni tecnologiche più avanzate, non ha soffocato le usanze tramandate da generazioni. Sopravvivono dunque, sempre attesi e vissute con gioia, i tradizionali incontri di fine ed inizio anno con il leggendario San Nicolò di Bari, anche se talvolta appare nella versione nordica di Babbo Natale, sconfinando dalla tradizione veneta della Sinistra Piave che lo vuole come era nella realtà e cioè avvolto nel manto rosso con in capo la mitria del vescovo, il pastorale in mano mentre tiene le redini dell’asina che tira il carro colmo di doni per i bambini buoni. Per gli altri c’è il carbone, oggi di zucchero….forse meno adatto a stimolare un ravvedimento…, ma consono ai dettami della pedagogia americana secondo cui bisogna premiare tutti (annullando di fatto il valore di chi con fatica si impegna). La tradizione della Befana “che vien di notte con le scarpe tutte rotte” oggi letteralmente spopola, clonata in varie versioni che le conferiscono il dono dell’ubiquità. In Maggio c’è la festa delle rane, che in tempi passati pullulavano gracidando nei nostri fossi e costituiva un piatto prelibato e per pochi intimi. In Agosto ricorre la Festa della apparizione della Madonna di Ramoncello, una volta caratterizzata dalla rossa, dolcissima e dissetante “anguria” fresca mentre si svolgevano i giochi della rottura delle pentole, della scalata all’albero di cuccagna e le prime gare di abilità dei motorini sopra un’asse a bilancia.. Ma quei tempi sono passati. Oggi si festeggia con stand di specialità alla griglia, polenta e salsiccia… In Novembre e Dicembre si rinnova il millenario appuntamento della rinomata Fiera di S. Lucia, preceduto dalla sua storica rievocazione medievale “ Antica Fiera”, che attira migliaia di visitatori. 

Fiera millenaria

Fiera Millenaria

Di sicuro il fenomeno “Fiere di S. Lucia” nella Marca Trevigiana si documenta negli Statuta del Comune di Treviso del secolo XIV, perchè proprio l’edizione del 1313 ne conferma la scadenza acquisita per diritto di antica consuetudine «…quae fiant sicuti consuéta sunt fieri». Non è assodato se la citazione riguardi le Fiere di S. Lucia Sub Silva, come altri mercati nominati ancorchè situate fuori del Districtus, di certo però esiste il decreto emanato dai Collalto nel 1567 per indire un pubblico mercato franco a S. Lucia ogni lunedì, pubblicato in occasione della Fiera, definita ordinaria, del 13 dicembre approfittando del grande concorso di gente che affollava sia la chiesa che la fiera. Tale qualifica ne conferma la precedente, secolare, antichità. Determinarla però con esattezza non é impresa facile. I dati certi esistono e sono quelli presentati in questo breve excursus perchè sono documentati nei codici antichi citati. Le varie ipotesi serie, scaturite dallo studio degli eventi nel tempo, oltre che dall’esame delle varie coincidenze e conseguenze, le offriamo qui solo come contributi al tentativo, ardito ma onesto, di penetrare le nebbie dei secoli con intento di diradare le nebbie calate sulle lontane origini del Paese e della Fiera, senza pretesa dare voce alla storia quando essa tace. 

La classifica delle Fiere di S. Lucia

In “Usi e costumi…del Trevigiano” del 1979 lo scrittore Sottana, riferendosi ad una sua precedente pubblicazione sui giornali del dopoguerra, basata su una non citata nota addebitata alla Rubrica Expensarum del 1313 del Comune di Treviso, afferma che le origini del mercato fieristico intitolato a S. Lucia risalgono a periodo anteriore l’anno 661 d. C., precedendo quello antichissimo di S. Michele di Verona attribuito appunto al secolo VII. Tale notizia ripresa all’inizio degli Anni 50 dal giornalista Angelo Balzarini, dipendente del Comune di S. Lucia, ha dato il via alla classifica progressiva delle Fiere di S. Lucia, secondo la quale quest’anno 2005 ricorrerebbe la 1346a edizione… 

Famosa nei secoli

La Fiera di S. Lucia conquistò fama in diversi paesi europei soprattutto come mercato di cavalli. Ma era anche importante punto-vendita di asini, buoi, ovini, suini oltre che di canapa e lana. Con tali caratteristiche e descritta nel diario di una ragazzina francese del 1700 ma ancora ai giorni nostri, cittadini del Tirolo e dell’Ungheria ricordano i nonni, commercianti di cavalli, abituali frequentatori delle “Fiere di S. Lucia”. Si afferma che anziani del Polesine, del Cadore e del Friuli rammentano come il mercato della canapa grezza e della lana avesse suo importante centro nell’annuale appuntamento fieristico santalucese. L’edizione 2004 ha visto oltre 100.000 visitatori, sommando pure le presenze interessate alla “sagra” tradizionale con attrazioni del Luna Park e delle oltre 300 bancarelle assiepate lungo il paese, con propaggini fino alla chiesa parrocchiale, aperta per offrire una sosta devozionale ai devoti di Santa Lucia il cui nome, per tradizione, assimilato collettivamente a “luce” visiva l’ha resa protettrice della vista.

La Fiera oggi

È chiaro che la Fiera di S. Lucia è un mercato tradizionale, iniziato con gli scambi in natura, inprimis quello del bestiame, poi granaglie, attrezzi e carri agricoli, opere di artigiani locali. Era una fiera locale - è ovvio - ma in grado di attirare molta gente perchè attivata in prossimità di un crocevia commerciale frequentatissimo da secoli. Una fiera che è riuscita a mantenere quasi intatta la propria fisionomia e a ripetersi puntualmente ogni anno, passando indenne tra pestilenze, guerre, rivoluzioni e calamità naturali anche se ha registrato qualche pausa.

Ha poi raccolto con entusiasmo ed ottimismo la sfida industriale quando, nel 1946, fece un salto di qualità con l'allestimento del primo stand tecnologico: quello delle attrezzature e macchine per l'agricoltura e, nel 1978, con l'avvio della esposizione di automatismi per movimenti di terra ed edilizia, giunto alla 13a edizione, che si è rivelato un interessante esperimento da sviluppare ulteriormente su tutta l’estensione dell'area. È del 1990 il decollo del settore agro-alimentare con l’originalità di una formula nuova che si innesta sulla tradizione e ripropone con eleganza di stile e competenza di informazioni le merci dell'antico mercato stimolando la strategia dell'innovazione e la qualità dell'esposizione.

È stato scritto da più parti che tale progressiva trasformazione economica avvenuta in poco più di quarant'anni è una radiografia che evidenzia la capacità degli organizzatori di stare al passo con i tempi, cogliendo e valorizzando i momenti favorevoli dell'economia, prevalentemente agricola, perseguita da secoli.

Il municipio di Santa Lucia

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Fonti

Fonti archivistiche e manoscritti 
Biblioteca Capitolare , Treviso: F. Avanzini, Series documentorum… sec.XIII, V. 7. 
Statuta Provisionesque Ducalis civitatis Tarvisii…, a. 1313 
Biblioteca Comunale , Treviso: Ms. 109, Scriptura…, dal 1160, e Ms.110, De Bonis…, del 1400.
Archivio di Stato , Venezia: Catastico del feudo Collalto, Provv. sopra feudi, b. 173, c. III. Corp. Rel. Soppresse, Monastero S. Maria degli Angeli di Murano, bb. Varie. 
Archivio di Stato, Treviso: Corp. Rel. Soppresse, Monastero S. Maria della Follina, Catastico dei beni in regolà di S. Lucia, b. 5 
Archivio di Curia Vescovile, Vittorio Veneto: Visite Pastorali, a. 1474 Relazioni al vescovo, dal 1633

Fonti archivistiche e manoscritti 
P.A. Passolunghi: L’Hospitale-monasterium di S. Maria di Piave, Tv. 1980 
S. Maria di Follina, Treviso 1984 
Archivio per Susegana, n. 26, Tv. 1985 
I Collalto, Villorba 1987 
Catalogo per Susegana, Conegliano 1989 
Le Contee di Collalto e di San Salvatore, Cornuda 2002 
G. Simionato-A. Sartoretto: Storia millenaria di Lovadina, Treviso 1981 
G.B. Verci: Storia della Marca Trivigiana…, (vv. 20), Venezia 1786-1791, Bologna 1979 (anast.) 
A. Vital: Di un’Ongaresca nel territorio di Conegliano…, in Archivio Veneto(XXI), 1911

1 Iniziata dal console Druso nel 15 a.C., completata dal figlio Claudio imperatore nel 48 a.C. per collegare Altino (Venezia) al Danubio. 2 Costruita dal console Spurio Postumio Albino nel 148 d.C. per collegare Genova (Liguria) ad Aquileja (Friuli).

Ultima modifica: venerdì, 24 marzo 2023

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